Eusebio, Concordanze evangeliche, evangelistario domenicale. Latino, fine sec. X – inizio sec. XI, Reichenau. Decorazione: scuola di Reichenau. Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, F.II.1.
Il codice è di proprietà della Biblioteca Civica Queriniana di Brescia.
X-XI sec EUSEBIO Concordanze evangeliche (PDF)
900ca EVANGELIARIO LATINO con le Concordanze di EUSEBIO (PDF)
900ca-1000 EUSEBIO CONCORDANZE (PDF)
Membranaceo, mm 335/348×240/252 (280/273x x190/185), 20 linee, ff. II, 42, II’, numerati a penna da mano recente nell’angolo superiore esterno del recto, bianchi i fogli di guardia e i ff. 2v, 3r, 4v, 5r, 6v, 7r, 8v, 9r, 10v, 11 r,12v, 13r, 14v, 15r, 16v, 17r, 18v, 19r, 20r, 23r, 27r, 29r, 31r, 35r, 37r, 39r, 41r; guardie aggiunte probabilmente nel secolo scorso in occasione del restauro. Il codice è costituito da bifolî accostati e disposti in modo da lasciare bianche le facciate esterne fino a f. 18r. Legatura interamente rifatta a imitazione di legatura cinquecentesca in cartone coperto di cuoio bruno scuro impresso a freddo con placche agli angoli e al centro dei piatti. E’ stato copiato in tarda carolina da una sola mano. Ornamentazione: 11 miniature a piena pagina con scene evangeliche; 19 tavole di concordanza tra i quattro Vangeli racchiuse da strutture architettoniche ad arcate; 12 iniziali a racemi d’oro entro riquadro a piena pagina purpureo.
La storia del codice incomincia a disegnarsi con precisione nella seconda metà del secolo XV, quando il medico bresciano Tommaso Lamberti lo acquistò e vi appose una nota di possesso a f. 42v: “Hic liber est mei Thome phisici quondam clarissimi et famosi artium et medicine doctoris domini magistri Bartolamei de Lambertis civis Brixie”; il suo stemma è dipinto a f. lr. a.b.
Il codice è costituito di due parti distinte: la prima contiene le tavole di concordanza tra i Vangeli elaborate da Eusebio di Cesarea, la seconda dodici brani evangelici, preceduti, ad eccezione del secondo, da una miniatura a piena pagina in cui è raffigurata la scena corrispondente: l’Annunciazione (f. 20v), l’Adorazione dei Magi (f. 23v), il Battesimo di Cristo (f. 25v), la Presentazione al Tempio (f. 27v), l’Entrata in Gerusalemme (f. 29v), l’Ultima Cena (f. 31v), le Pie Donne al Sepolcro (f. 33v), la Discesa al Limbo (f. 35v), l’Ascensione (f. 37v), la Pentecoste (f. 39v) e la Dormizione della Vergine (f. 41v). Tale giustapposizione, che non trova riscontro nelle tipologie note di manoscritti di contenuto evangelico, insieme alle diversità rilevabili nella pergamena e negli inchiostri, ha portato la critica a concludere che le due parti dovessero appartenere in origine a due codici diversi: un Evangeliario, il testo, cioè, che raccoglieva i quattro Vangeli e che si apriva con le Concordanze, e un Evangelistario o Libro delle Pericopi, manoscritto liturgico che conteneva, invece, soltanto i brani da leggere durante la Messa, nel nostro caso in occasione delle feste più solenni; il secondo brano, la cui illustrazione è andata perduta, è quello relativo alla Natività. Le Concordanze sono inserite entro arcate impostate su colonne di vari colori e motivi decorativi – marmorizzate, scanalate, incrostate di gemme, avvolte da tralci o nastri variamente disposti -, con capitelli a foglie di acanto – combinate spesso con maschere, figure angeliche e di animali reali o fantastici – e motivi vegetali nei pennacchi. Le arcate sono coronate da timpano alternativamente curvilineo o triangolare, con cornici a fogliami, motivi geometrici, nastri, che ospita i simboli degli Evangelisti mentre i pennacchi attigui sono occupati da coppie di figure sempre diverse: pavoni, felini, cervi, uccelli, oche, gru, sirene, telamoni, maschere umane, capri, aquile, draghi alati, galli, arieti, canidi; analoghe creature sono collocate, in varie posizioni, su foglie d’acanto che, originate dai capitelli più esterni, affiancano il timpano. I brani evangelici si aprono con una grande iniziale a racemi d’oro collocata al centro di un riquadro purpureo, che occupa quasi tutta la pagina, bordato da una cornice a motivi geometrici, nastri, fogliami. I tratti dell’iniziale in oro si aprono in solchi a minio; dai racemi spuntano germogli arrotondati, foglie trilobe, quadrilobe e a punta di freccia, su campo interno verde e azzurro. Più raramente compaiono altre soluzioni, quali la conclusione della lettera con una testa di drago o l’aggiunta al tralcio di fogliami in verde, azzurro e porpora.
Prototipo delle scene evangeliche sembra essere stato l’Evangeliario di Ottone III (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 4453), degli anni 998-1001, per il formato verticale delle scene, il fondo oro combinato con una fascia di cielo atmosferico stilizzato alla sommità della pagina, la resa del suolo a piccole onde addossate l’una all’altra, la tipologia degli edifici, le fattezze dei personaggi, la consistenza plastica del modellato. Le varianti più significative rispetto agli schemi íconografíci dei manoscritti della Reichenau sono state rilevate nell’Annunciazione e nella Discesa al limbo (Parker, 1992, 60, 66). In quest’ultima, che si incontra in un solo altro codice, l’Orationale di Hildesheim (Biblioteca Beverina, Ms. 688, sec. XI in.), è inserito un episodio accessorio: uno degli angeli che reggono la mandorla di Cristo si volge a trafiggere con una lancia una figura maschile, intenta a fuggire dalle fiamme dell’inferno. Proprio questo episodio sembra suggerire un’ipotesi riguardo la provenienza del codice, in quanto una presenza simile è stata finora riscontrata soltanto in opere di cultura milanese: gli affreschi di San Giovanni Battista a Müstair, databili al IX secolo, la Situla Basilewskij, prodotto della scuola milanese degli avori degli anni ottanta del X, e il piatto anteriore della Legatura di Evangeliario di Ariberto, arcivescovo di Milano dal 1018 al 1045; in questi ultimi due casi si verifica anche la compresenza degli episodi della Discesa al Limbo e delle Donne al Sepolcro, solitamente alternativi (Davis Wever, 1987, 227-228, 236). Anche per lo schema compositivo dell’Annunciazione – la Vergine sulla sinistra, assisa su un trono con soppedaneo gemmato, piuttosto che in piedi sulla destra -, per il quale è stata ipotizzata la conoscenza di prototipi orientali, erano disponibili modelli in area milanese: il ciclo di affreschi di Santa Maria Forís Portas di Castelseprio, databile al terzo quarto del secolo IX (Bertellí, 1988, 58-71) e il Dittico eburneo delle Feste del Signore del Tesoro del Duomo di Milano, collegabile all’importazione in Occidente di avori bizantini promossa dagli Ottoni (Cinotti, scheda in Bossaglia, Cinotti, 1978, 5253). Come nell’Ascensione, Maria apre le braccia nel gesto dell’orante – tra i manoscritti della Reichenau si trova soltanto in esemplari tardi – che richiama, insieme al soppedaneo gemmato, l’immagine della Blacherniotissa che apre il Breviario dell’arcivescovo Arnolfo Il (Londra, British Library, Ms. Egerton 3763; 998-1018), iconografia sconosciuta ai codici ottoniani e attinta dai miniatori milanesi dalla cultura figurativa costantinopolitana (Bertelli, 1993, 174). Il nostro codice, infine, dà un insolito risalto alla figura di S. Paolo, presente in episodi -1′ Ultima Cena, l’Ascensione, la Pentecoste – precedenti la sua conversione (Atti 9,1-28); nell’Ascensione, poi, Paolo appare, insieme alla Vergine, alla guida degli apostoli, nella posizione in cui nei manoscritti della Reichenau compare Pietro, il cui ruolo è spesso enfatizzato da un angelo che ne cinge le spalle con un braccio, per introdurlo alla presenza gloriosa di Cristo. La sottolineatura dell’appartenenza di Paolo al collegio apostolico e la sua posizione privilegiata persino rispetto a Pietro sembra appartenere, dunque, ad un atlro ordine di idee, in sintonia, ad esempio, con l’interpretazione data a Milano del tema della Traditio Legis: nella fronte del ciborio ottoníano di S. Ambrogio Paolo non soltanto acclama la consegna della legge a Pietro, ma, al pari di questo, riceve un pegno da Cristo (Bertelli, 1981, 23). Negli stessi anni la storiografia milanese riprende antiche leggende che rivendicavano a S. Barnaba, compagno di Paolo, la fondazione della prima comunità cristiana della città, cui l’origine apostolica avrebbe conferito la dignità di “altera post inclytam Romam” (Tomea, 1993, 320-440). L’insieme di tali indizi sembra indicare l’esecuzione del codice da parte di un artista cui era familiare la cultura figurativa milanese, forse per una chiesea della città; concorda con tale ipotesi la tipologia delle iniziali ornate, molto vicine a quelle del Sacramentario di Chantilly (Musée Condé, cod. 1447), primo capolavoro del Maestro del Registro, databile agli anni ottanta del X secolo (Nordenfalk, 1988, 103). c. m.
Bibliografia: Eusebio…, 1887; Vöge, 1891, 148-149; Sauedand, Haseloff, 1901, 158; Gernsheim, 1934, 104; Jantzen, 1947. 1122: D’Ancona, in Kunstschàtze…, 1948, 1114-115; Schilling, 1949,186^191; Schmid, 1950; Muzzioli, 1954, 29; Bloch, 1963, 43; Messerer, 1963, 67-69; Bloch, 1972, 52; Mütherich, Wormald, 1974, 163; Korv teweg. 1985, 73; Mayr Harting, 1991, I, 22, 223, 259, II, 282; Parker, 1992; De Hamel, 1994, 42; Lomartire, 1994, 57.
[da Tesori miniati, Silvana editoriale. 1995]